LE GIURISDIZIONI CONTABILE E TRIBUTARIA NEL SISTEMA DEI GIUDICI SPECIALI


Venerdì 21 ottobre 2022, alle ore 9,00, presso la Facoltà di Economia “Giorgio Fuà” dell’Università Politecnica delle Marche, si è svolto il convegno "Le Giurisdizioni contabile e tributaria nel sistema dei Giudici speciali", organizzato dall’Accademia Marchigiana di Logica Giuridica con la collaborazione dell’Università Politecnica e del Lions Club Ancona “Colle Guasco” nell'ambito della giornata di studi in ricordo del Prof. Luigi Di Murro dedicata all'approfondimento giuridico nel solco degli insegnamenti di chi ci ha preceduto e con lo sguardo rivolto alle sfide del futuro per l’intera Nazione.


PROGRAMMA DEL CONVEGNO
GIORNATA DI STUDIO IN RICORDO DEL PROF. LUIGI DI MURRO

Le giurisdizioni contabile e tributaria nel sistema dei Giudici speciali
Ancona, venerdì 21 ottobre 2022
Università Politecnica delle Marche – Facoltà di Economia “Giorgio Fuà”
(Aula A “Giuliano Conti” - Piazzale Raffaele Martelli 8)

TAVOLA ROTONDA SU: “La Corte dei conti: una Magistratura al servizio dei Cittadini”
Moderatrice: Prof. Monica De Angelis
Professoressa associata UNIVPM, Presidente Osservatorio sulla Legalità Economica e i Diritti Fondamentali UNIVPM DIMA

Prof. Avv. Marta Cerioni
Professoressa associata UNIVPM, Direttrice Osservatorio sulla Legalità Economica e i Diritti Fondamentali UNIVPM DIMA, Avvocato cassazionista
“La Corte dei conti nell’Ordinamento costituzionale tra evoluzioni e sfide”
Prof. Claudio Galtieri
Presidente onorario della Corte dei conti, Docente a contratto SPISA Università di Bologna
“La Corte dei conti, dagli inizi degli anni ottanta alla prima attuazione del Codice di Giustizia contabile, nell’esperienza concreta di un Magistrato”
Pres. Giuseppe De Rosa
Socio fondatore Accademia Marchigiana di Logica Giuridica, Procuratore regionale della Corte dei conti per la Valle d’Aosta
“La funzione di controllo della Corte dei conti e l’attività requirente del Pubblico ministero contabile nella più recente evoluzione normativa”
Avv. Gesi Dignani
Socio fondatore Accademia Marchigiana di Logica Giuridica, Avvocato cassazionista patrocinante innanzi le Sezioni della Corte dei conti di Primo e di Secondo grado
“La riforma del processo pensionistico ed il conflitto tra la legislazione e la tutela del pensionato"
Pres. Tammaro Maiello
Presidente della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna, Presidente di Sezione della Corte di Giustizia Tributaria di Primo grado di Roma, Docente a contratto LUISS
“L’attualità del giudizio di conto della Corte dei conti, garanzia di legalità finanziaria e trasparenza contabile a tutela della Collettività”
Pres. Alberto Avoli
Presidente onorario della Corte dei conti, Coordinatore dei Fascicoli Speciali della Rivista della Corte dei conti
“La Corte dei conti, una Magistratura al servizio dei Cittadini: in ricordo di una conversazione con il Presidente Luigi Di Murro”

TAVOLA ROTONDA SULLA GIUSTIZIA TRIBUTARIA: “Il processo tributario nel delicato equilibrio tra efficacia ed efficienza dei giudizi e tutela delle posizioni sostanziali”
Moderatrice: Prof. Avv. Laura Trucchia
Docente UNIVPM,
Cons. Fabio Gaetano Galeffi
Magistrato della I Sezione centrale della Corte dei conti e della Corte di Giustizia Tributaria di Secondo grado delle Marche
“Gli effetti organizzativi della legge n. 130 del 2022 sulla giurisdizione tributaria"
Avv. Sandro Gianni
Vicepresidente della Corte di Giustizia Tributaria di Primo grado di Pesaro, Avvocato cassazionista
“Udienza da remoto nelle cause tributarie. Opportunità da perseguire. Limiti presenti nella legge 31 agosto 2022, n. 130"
Avv. Elisa Manoni
Socia Accademia Marchigiana di Logica Giuridica, Avvocato patrocinante innanzi alle Corti di Giustizia Tributaria di Primo e di Secondo grado, Autrice di articoli di Diritto tributario
“La prova testimoniale scritta nel giudizio tributario”
Prof. Avv. Salvatore Menditto
Socio fondatore Accademia Marchigiana di Logica Giuridica, Docente a contratto UNIVPM, Avvocato cassazionista
“La tormentata storia dell’impugnazione dell’estratto di ruolo esattoriale”
Prof. Avv. Gerardo Villanacci
Professore ordinario UNIVPM, Avvocato cassazionista, Pubblicista
“I riflessi della riforma della Giustizia tributaria sulle esigenze fondamentali della tutela della Finanza pubblica e dei Diritti dei Contribuenti”

Presidente del Convegno: Pres. Tammaro Maiello


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ATTI DEL CONVEGNO (ordine alfabetico relatori)

LA CORTE DEI CONTI : UNA MAGISTRATURA AL SERVIZIO DEI CITTADINI. RICORDO DI UNA CONVERSAZIONE CON IL PRESIDENTE LUIGI DI MURRO
Pres. Alberto Avoli


I contributi che hanno preceduto il mio intervento hanno messo in rilievo sia il percorso storico della Corte, sia lo stato dell’arte delle sue funzioni in relazione alle aree della giurisdizione amministrativa e pensionistica, del controllo e del giudizio di conto.
Ne emerge un quadro complessivo che dimostra come la Corte – sin dalle sue origini, ma più ancora negli ultimi decenni – sia stata e sia un cantiere aperto, pur fortunatamente ancorato al presidio costituzionale.
Tutte le istituzioni, in vero, hanno subito importanti modifiche nei loro assetti funzionali, ma per la Corte queste dinamiche hanno assunto proporzioni maggiormente significative.
L’evoluzione del controllo , il nuovo disegno dell’area della giurisdizione, l’emendamento delle relative procedure hanno seguito percorsi troppo spesso contraddittori, sotto la spinta delle oscillazioni delle contingenze, delle incertezze del legislatore, quando non proprio di una scarsa consapevolezza delle ragioni e delle finalità riformistiche proclamate.
Da questa considerazione partivano di solito le tante “chiacchierate” con il Presidente Luigi di Murro, conversazioni che hanno accompagnato gli anni di mio servizio alla Procura marchigiana e che qualche volta hanno avuto un seguito a margine di convegni o di corsi. In particolare ne ricordo una lunghissima lungo le strade della Balduina a Roma, nelle pause di uno dei primi corsi organizzati dalla Cassazione in tema di banche dati informatiche.
L’evoluzione delle Istituzioni è inevitabile, ma è necessario che essa proceda in una direzione coerente ed organica, avendo sempre riguardo alle finalità e agli obiettivi ultimi delle Istituzioni stesse. In altre parole alla loro ragion d’essere.
La coerenza e l’organicità connotano la sistematicità, che deve caratterizzare qualsiasi Istituzione, sia come fattore interno , sia nei confronti degli altri Organismi pubblici.
Questo “bisogno” di sistematicità interna ed esterna dovrebbe essere valorizzato sempre: per la Corte esso assume un rilievo del tutto particolare, ove si consideri proprio la complessità delle sue attribuzioni.
Eppure la Corte è titolare di una precisa logica unitaria, riconducibile ai principi di buon andamento e di pareggio del bilancio. E , sotto un profilo più tecnico, alle regole generali in materia di contabilità pubblica. Una contabilità che, lontana dalla mera applicazione degli schemi ragioneristici, vada ad impattare sulla qualità dell’azione pubblica.
Gli obiettivi momenti di criticità regolatoria hanno certamente contribuito al formarsi di correnti giurisprudenziali e anche fattori organizzativi interni che possono qualificarsi impropri, alimentando una logica perversa di causa-effetti. A titolo esemplificativo così è stato per il danno all’immagine, così è stato per il dissesto e, sotto il profilo strutturale, così è stato per il mancato rafforzamento delle Sezioni operanti in contesti difficili, come la Calabria o la Basilicata.

Siamo al principio di una nuova legislatura ed è fondamentale sperare in interventi mirati a rafforzare (se non proprio ripristinare) il ruolo sistematico della Corte, superando le “strozzature” evidenziate dall’esperienza. Certo, occorre che il legislatore si prefigga tale intervento come proprio obiettivo strategico, evitando nel contempo la reiterazione di quegli interventi d’urgenza che anche di recente hanno rischiato e rischiano di depotenziare istituti di garanzia , pur simulando interventi volti al loro rinvigorimento.
Il Presidente Luigi di Murro non ha potuto assistere alla scissione nell’ambito della gestione dei comportamenti omissivi rispetto ai commissivi, scissione difficile da comprendere dato che nelle gestioni le anomalie delle condotte si intersecano e si sovrappongono, senza possibilità logica di riuscire a separare i momenti omissivi dagli altri. E la separazione e la conseguente individuazione soggettiva costituiscono presupposti essenziali della responsabilità.
Non posso quindi testimoniare del suo pensiero a riguardo. Posso però affermare con sicurezza che Egli biasimava e contrastava sin da allora l’idea che poi ha portato alla limitazione appena segnalata.
Tale idea, cresciuta negli ultimi decenni, vorrebbe attribuire al sistema Corte (controllo e giurisdizione) una delle cause della lentezza dell’amministrazione pubblica e della cosiddetta “paura paralizzatrice” delle scelte. Idea infondata, una delle tante fake news che circondano la nostra quotidianità, alimentata volutamente da quanti negano in nuce la necessità di organi indipendenti di verifica dell’operato dell’amministrazione pubblica.
Purtroppo occorre riconoscere che la Corte molto ha peccato in materia di comunicazione, una arma imprescindibile per contrastare i timori e le preoccupazioni. E’ invece necessaria una comunicazione che trascenda le notizie giornalistiche su questa o quella vicenda (pur importanti) ma che costantemente “spieghi” all’opinione pubblica le finalità istituzionali della Corte, il suo bagaglio valoriale, la sua utilità complessiva di sistema, smascherando l’inganno di una informazione volutamente distorta.
La comunicazione istituzionale deve avvalersi di tutta la varietà degli strumenti messi a disposizione dalla tecnologia, senza abbandonare quelli più tradizionali, dovendosi rammentare che essa va pensata, modulata e indirizzata con linguaggi differenziati a seconda che si rivolga alla collettività, al mondo dell’amministrazione pubblico e dei vertici politici, al fondamentale ambito dell’avvocatura e dell’accademia.
La Corte , anche tramite istituzione della Scuola di Alta formazione e l’inserimento della Rivista in classe A (inserimento recentemente riconosciuto dall’Anvur), ha cominciato a meglio percepire l’urgenza di dare una adeguata risposta al problema.


L’affermazione secondo la quale la Corte è una Magistratura al servizio del cittadino è insieme ridondante ed essenziale. Ridondante in quanto tutte le Magistrature sono per definizione al servizio del cittadino, essenziale in quanto il rapporto con il cittadino vanta per essa una specifica ampiezza ontologica e generale.
Il cittadino infatti è destinatario di facoltà di interlocuzione diretta (si pensi alla facoltà di proporre istanze e segnalazioni), ma soprattutto è destinatario della sana amministrazione pubblica tutelata dalla Corte.
Il paradosso è proprio in questo sillogismo: la Corte rallenta i procedimenti e incute timore, dunque la Corte rallenta la azione pubblica, dunque va depotenziata. La Corte come lupo cattivo. Il sillogismo è invero palesemente simulatorio, in quanto mira nella sostanza ad assicurare la impunità agli amministratori e ai dipendenti pubblici scarsamente fedeli al loro dovere di perseguire l’interesse pubblico. Interesse pubblico – attenzione – che non può mai essere individuato dal Giudice ma deriva dalla corretta applicazione delle norme e dal ragionevole e motivato esercizio del potere discrezionale.
L’irresponsabilità come fattore di connotazione dell’azione amministrativa è una pericolosissima deriva dello stato di diritto, a premio dei peggiori amministratori e impiegati. Là dove è vero esattamente il contrario. Ciò vale per il nostro Paese, come per tutti gli altri. Ad esempio, perfino la dannunziana Costituzione di Fiume promulgata l’8 settembre 1920 dalla Reggenza del Carnaro prescriveva all’articolo 61 che “Tutti i partecipi dei poteri e tutti i pubblici ufficiali della Reggenza sono penalmente e civilmente responsabili del danno che allo Stato, al Comune, alla Corporazione, al semplice cittadino rechino le loro trasgressioni per abuso, per incuria, per codardia, per inettezza”.
Il profilo dolente risiede semmai nella disarticolazione dell’ordinamento regolatorio (o, per meglio dire, nel disordinamento regolatorio), fortemente caratterizzato da confusione, contraddizioni, incoerenze. Con criticità accentuate dal prorompente moltiplicarsi dei livelli normativi, da quelli comunitari alle prescrizioni delle autorità indipendenti , dalla tradizionale gerarchia delle fonti alle discipline amministrative e alle inveterate prassi.
I tanti buoni propositi di semplificazione sono purtroppo caduti nel vuoto ed le “cattive abitudini” hanno continuato a sviluppare i loro inesorabili tentacoli.
E, sia pure incidentalmente, va ricordato che la ferragginosità normativa viene puntualmente intercettata dalla giurisprudenza della Corte: in particolare in quella giurisdizionale costituisce entro certi limiti esimente di colpa grave o, quanto meno, presupposto per l’esercizio del potere riduttivo.


Gli anni delle nostre conversazioni erano quelli di poco successivi al decentramento regionale, oramai quasi tre decenni or sono.
La Corte, come è stato ricordato, ha vissuto un momento espansivo di eccezionale importanza, rivelatosi nel tempo per certi aspetti non riversibile, tale che ancora oggi è foriero di ulteriori sviluppi. Magistrati come Luigi di Murro non solo ne sono stati consapevoli propulsori, ma ne hanno ravvisato i limiti, concentrando l’attenzione su alcuni profili indispensabili per il buon esito della riforma.
In ogni caso la costruzione e la metabolizzazione istituzionale del rapporto fra la Corte e le Autonomie (Regionali e locali) rappresenta oggi più che mai il banco di prova dell’efficace inserimento dell’Istituto nel progressivo spostamento a livello territoriale dei livelli primari di programmazione e di gestione amministrativa. Non si può del resto escludere che a breve termine riprendano vigore gli impulsi di modifica costituzionale imperniata sul rafforzamento delle autonomie regionali, introducendo regimi differenziati ed estendendo in qualche misura le caratteristiche e le competenze delle regioni a statuto speciale, con particolare riferimento alla legislazione esclusiva e al superamento (magari parziale) della finanza derivata.
Questo percorso, probabilmente ineludibile, deve essere supportato da una profonda trasformazione culturale dell’Istituto, chiamato a superare il tradizionale carattere della cosiddetta “romanità centralizzatrice” più o meno autoreferenziale. Al nuovo contesto decentrato non consegue l’impoverimento degli organismi centrali, che anzi debbono assumere sempre più il ruolo di autorevoli custodi della nomofiliachia sia in ambito di controllo che di giurisdizione.
Fra i tanti temi affrontati nelle “chiacchierate peripatetiche” non posso infine tralasciarne uno, forse quello più ricorrente, dove si concentravano le preoccupazioni ed i timori del Presidente di Murro.
Mi riferisco alla questione della concreta efficacia del sistema Corte. Egli era fortemente convinto della unitarietà dell’Istituto e della complementarietà delle funzioni. Avversava con fervore tutte le proposte di “spacchettamento”. Auspicava continuamente il rafforzamento dei percorsi di prevenzione, ma riteneva indispensabili dei momenti di chiusura che non potevano e dovevano restare disarmati.
L’attualità del tema è evidente e ci riconduce alla valorizzazione delle funzioni consultive per gli enti locali, del controllo concomitante, alla individuazione di fattispecie tipizzate di responsabilità, la cui diffusione può essere considerata positiva purchè non elida il fondamentale assioma della atipicità della responsabilità amministrativa.
L’efficacia del sistema – e cioè in fondo la idoneità dello stesso ad essere utile concretamente alle amministrazioni e ai cittadini per una sana gestione delle risorse pubbliche – deve essere assicurata non solo da precise regole procedurali e di collegamento fra controllo e giurisdizione ma soprattutto dall’incremento del quoziente di autorevolezza della giurisprudenza in qualunque modalità venuta a maturazione.
L’autorevolezza si conquista non solo con il sapiente ed equilibrato esercizio delle funzioni da parte dei Magistrati, ma anche – , vorrei dire, soprattutto – dalla esemplarità dei comportamenti, dalla quotidiana testimonianza di valori professionali ed umani.
Sotto questo profilo, il Presidente Di Murro è stato un punto di riferimento decisivo, quanto discreto, per moltissimi giovani che si avviavano alla professione forense e magistratuale. Il suo insegnamento sempre volto a non alimentare false e inutili ambizioni non sorrette da robusta sostanza di studio, di sacrificio, di responsabilità.
Poche parole in chiusura, magari ricorrenti in queste circostanze, non prive di retorica. E pure ricche di profonda emozione e intensa commozione, sicure interpreti del sentimento di tutti i presenti: GRAZIE PRESIDENTE DI MURRO. GRAZIE LUIGI



LA FUNZIONE DI CONTROLLO DELLA CORTE DEI CONTI E L’ATTIVITÀ REQUIRENTE DEL PUBBLICO MINISTERO CONTABILE NELLA PIÙ RECENTE EVOLUZIONE NORMATIVA
Pres. Giuseppe De Rosa



1.    - Il controllo collaborativo sulle gestioni delle pubbliche amministrazioni e l’utilizzabilità degli esiti delle istruttorie delle Sezioni di controllo da parte delle Procure regionali
Il controllo e la giurisdizione costituiscono le tradizionali funzioni attribuite dall’Ordinamento alla Corte dei conti, nei termini riconosciuti dalla Costituzione repubblicana (agli articoli 100 e 103, comma 2, Cost.).
Abbiamo ascoltato, nell’ambito dei precedenti interventi, come la funzione del controllo si sia sviluppata negli ultimi trent’anni.
Il riferimento di partenza è la legge n. 20 del 1994 che ha segnato un fondamentale momento di riforma:
-    radicalmente contenendo il novero dei controlli di legittimità su atti, preventivi e successivi;
-    introducendo la previsione di controlli finanziari e gestionali tesi ad assicurare gli equilibri dei bilanci pubblici nonché l’economicità, l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa, altresì caratterizzati da finalità collaborativa nei confronti delle Amministrazioni controllate… come denotato dal potere della Corte di suggerire “misure correttive”, in un sistema comunque di separazione tra la funzione neutrale di controllo e l’attività amministrativa e di bilancio intestata alle Pubbliche amministrazioni.
Tali aspetti venivano sottoposti al vaglio della Corte costituzionale che, con la sentenza n. 29 del 1995, si esprimeva sottolineando:
-    il riconoscimento dell’estensione degli ambiti del controllo della Corte dei conti, avvenuto per prassi giurisprudenziale e per leggi di attuazione della Costituzione, al di là degli ambiti costituzionali tradizionalmente intesi, a seguito dello sviluppo del decentramento amministrativo e della moltiplicazione dei centri della spesa pubblica; con l’esaltazione del ruolo della Corte quale garante imparziale dell’equilibrio economico-finanziario, non più quale Organo dello Stato-governo, bensì di Istituto posto al servizio dello Stato-comunità, per la tutela della corretta gestione delle risorse collettive, anche sotto i profili dell’efficienza, dell’efficacia e dell’economicità;
-    la natura collaborativa del controllo gestionale, in quanto posto al servizio di esigenze costituzionalmente tutelate, volte a garantire condizioni di operatività delle pubbliche amministrazioni conformi ai principi di legalità e di buon andamento (rif.: l’articolo 97 Cost.).
Ulteriore profilo, riguardato dalla sentenza n. 29 del 1995, è stato quello della intestazione delle più estese forme di controllo, all’Organo titolare anche della funzione giurisdizionale nelle materie di contabilità pubblica: “la titolarità congiunta nella stessa Corte dei conti della giurisdizione (…), pone delicati problemi di regolamentazione dei confini, non solo sotto il profilo dell'organizzazione interna dell'organo (in quanto postula una rigorosa separazione fra le sezioni giurisdizionali e quelle adibite al predetto controllo), ma anche sotto il profilo dell'utilizzazione delle notizie o dei dati acquisiti attraverso l'esercizio dei poteri inerenti al controllo sulla gestione.”
Al riguardo, veniva:
-    chiarito: “Più precisamente, è incontestabile che il Procuratore regionale titolare dell'azione di responsabilità possa promuovere quest'ultima sulla base di una notizia o di un dato acquisito attraverso l'esercizio dei ricordati poteri istruttori inerenti al controllo sulla gestione, poiché, una volta che abbia avuto comunque conoscenza di un'ipotesi di danno, non può esimersi, ove ne ricorrano tutti i presupposti, dall'attivare l'azione di responsabilità.”
-    precisato: “Ma i rapporti tra attività giurisdizionale e controllo sulla gestione debbono arrestarsi ai relativi ambiti, poiché si vanificherebbero illegittimamente gli inviolabili "diritti della difesa", garantiti a tutti i cittadini in ogni giudizio dall'art. 24 della Costituzione, ove le notizie o i dati acquisiti ai sensi delle disposizioni contestate potessero essere utilizzati anche in sede processuale (acquisizioni che, allo stato, debbono avvenire nell’ambito della procedura prevista dall’art. 5 della legge n. 19 del 1994)”.

2.    - Le nuove previsioni di controlli gestionali e l’irrisolto aspetto del collegamento funzionale tra le Sezioni di controllo e le Procure regionali
Tale visione di separatezza tra le due funzioni non risultava modificata a seguito della emanazione di due importanti leggi in tema di controlli gestionali della Corte:
-    la legge n. 131 del 5 giugno 2003 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), il cui articolo 7 (Attuazione dell'articolo 118 Cost. in materia di esercizio delle funzioni amministrative), al comma 7, estendeva il modulo dei controlli gestionali e finanziari della Corte dei conti ai Comuni, alla Province e alle Città Metropolitane, a seguito della riforma del titolo V della Costituzione;
-    la legge n. 15 del 4 marzo 2009 (Delega al Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al CNEL e alla Corte dei conti), il cui articolo 11 (Corte dei conti) introduceva, per le Amministrazioni dello Statali e per gli Enti territoriali, il controllo sulle gestioni pubbliche in corso di svolgimento, avente la finalità della individuazione, dell’accertamento delle cause e della segnalazione agli Organi di vertice degli Enti, delle gravi irregolarità gestionali ovvero delle gravi deviazioni da obiettivi, procedure o tempi di attuazione stabiliti dalle norme e dai programmi, con la formulazione di rilievi a fini correttivi.
Pur avendo avuto a oggetto, entrambe le proposizioni normative, fattispecie sintomatiche di produzione di danni erariali anche di rilevante importo, del tutto impregiudicato rimaneva il profilo della loro segnalazione alle Procure contabili, da parte dei Magistrati delle Sezioni di controllo.

3.    - Lo strano caso dei giudizi di parificazione dei rendiconti regionali: il Procuratore regionale direttamente coinvolto in un procedimento (anche) di controllo gestionale
Unica eccezione a quanto esposto, dall’anno 2012, è stata quella del peculiarissimo istituto della parificazione dei rendiconti generali finanziari delle Regioni e delle Province Autonome (a eccezione della sola Valle d’Aosta, poiché in detto ordinamento autonomo il giudizio non è previsto), introdotto per le regioni a Statuto ordinario dall’articolo 1, comma 5 del decreto-legge n. 174 del 2012, disponente la definizione delle relative verifiche con le formalità proprie del contenzioso giurisdizionale.
In questi “giudizi”, il Procuratore regionale partecipa al contraddittorio che si sviluppa tra l’Amministrazione regionale e la Sezione di controllo, avendo pertanto egli diretta conoscenza delle fattispecie di danno eventualmente emergenti dai controlli effettuati dalla Sezione regionale.
Inoltre, con la sentenza n. 89 del 2017, la Corte costituzionale ha affermato che il coinvolgimento del P.M. contabile, nel giudizio di parifica, si giustifica in funzione della tutela dell’interesse generale oggettivo. Tale ruolo di garanzia e, pertanto, non di “parte”, escluderebbe la possibilità, per il Procuratore regionale, di versare nel procedimento elementi conoscitivi ulteriori, rispetto quelli raccolti dalla Sezione di controllo.

4.    – Gli spazi sempre più limitati dei controlli gestionali nei programmi delle Sezioni regionali
 
Un interrogativo che si pone riguarda l’estensione che hanno avuto i controlli gestionali nelle attività delle Sezioni di controllo. In proposito, deve riscontrarsi che la programmazione di queste verifiche si è fortemente ridotta con il volgere del tempo, considerato il progressivo prevalere, per numero e obbligatorietà, dei controlli finanziari, di natura pressoché “fiscale”, dunque non collaborativa, in quanto ricollegati a sanzioni; ciò, in ragione delle criticità dei bilanci degli Enti, in particolare di Comuni e di Province, con riferimento ai parametri di sana gestione finanziaria imposti, al Sistema pubblico, dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea.
Negli anni immediatamente precedenti all’emergenza sanitaria da Covid-19- Covid, i programmi delle Sezioni regionali - in recepimento delle linee di indirizzo dettate dalle Sezioni riunite in sede di controllo nonché delle indicazioni della Sezione centrale delle Autonomie, per quanto più specificamente attinente alle gestioni finanziarie di Regioni ed Enti Locali - si sono pertanto dovuti indirizzare a una moltitudine di verifiche “obbligatorie”, relative (segue un’elencazione di 13 disposizioni normative, diverse dalle leggi 20, 131 e 15, precitate):
1.- all’esame dei bilanci preventivi e dei conti consuntivi della Regioni (articolo 1, commi 3 e 4, decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito in legge 7 dicembre 2012, n.
213);
2.- all’esame delle gestioni finanziarie sanitarie (articolo 1, comma 5, decreto-legge 10
ottobre 2012, n. 174, convertito in legge 7 dicembre 2012, n. 213);
3.- all’esame dei bilanci d’esercizio degli Enti del servizio sanitario regionale sulla base delle relazioni-questionario trasmesse dai competenti organi di revisione economico-finanziaria (articolo 1, comma 170, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;
articolo 1, comma 3, decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito in legge 7 dicembre
2012, n. 213)
4.- all’esame delle tipologie delle coperture finanziarie adottate nelle leggi regionali e sulle tecniche di quantificazione degli oneri (articolo 1, comma 2, decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito in legge 7 dicembre 2012, n. 213);
5.- all’esame delle relazioni annuali dei Presidenti delle Regioni sul sistema dei controlli interni, sulla base delle linee guida deliberate dalla Sezione delle autonomie della Corte dei conti (articolo 1, comma 6, decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito
in legge 7 dicembre 2012, n. 213);
6.- all’esame dei bilanci preventivi e dei rendiconti consuntivi degli Enti locali sulla base delle relazioni-questionario trasmesse dai competenti organi di revisione economico-finanziaria (articolo 1, commi 166 e 167, legge 23 dicembre 2005, n. 266;
articolo 148-bis, decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267);
7.- alle verifiche annuali, da effettuarsi nell’ambito dei controlli di legittimità e regolarità delle gestioni e sul funzionamento dei controlli interni ai fini del rispetto delle regole contabili e dell’equilibrio di bilancio degli Enti locali con popolazione superiore ai 15.000 abitanti (articolo 148, decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267);
8.- all’esame dei Piani di riequilibrio finanziario pluriennale degli Enti locali e delle relazioni semestrali afferenti al relativo stato di attuazione (articoli 243-bis e seguenti, decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267);
9.- ai controlli preventivi di legittimità sugli atti delle amministrazioni periferiche dello Stato aventi sede nella circoscrizione territoriale di competenza (art. 3, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20);
10.- ai controlli successivi di legittimità sugli atti delle amministrazioni periferiche dello Stato aventi sede nella circoscrizione territoriale di competenza (articolo 10, decreto legislativo 30 giugno 2011, n. 123);
11.- all’attività consultiva in materia di contabilità pubblica, su richieste di parere formulate dalle Regioni ovvero dagli Enti locali territoriali (articolo 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131);
12.- nelle periodiche evenienze della specie: all’esame dei rendiconti delle spese sostenute dalle formazioni politiche partecipanti alle elezioni amministrative di Comuni con più di 30.000 abitanti (articolo 13, comma 7, della legge 6 luglio 2012, n. 96) e (13) all’esame delle relazioni di fine mandato dei Sindaci e dei Presidenti delle province, (articolo 4, decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149).
Tutto ciò:
-    comportando la riduzione, nei programmi, degli spazi destinabili ai controlli gestionali in senso stretto che, laddove previsti, hanno per lo più riguardato approfondimenti di specifiche gestioni nell’ambito dei giudizi di parifica dei rendiconti regionali (n.d.r.: come, ad esempio, il capitolo sul “Sisma”, dall’anno 2017 sempre riportato nel giudizio di parificazione dei rendiconti generali della Regione Marche);
-    relegando sulla carta i “controlli concomitanti”, di cui all’articolo 11, della legge n. 15
del 4 marzo 2009.

5.    – Il Codice di giustizia contabile: una riforma procedurale a più riflessi
Sul fronte della giurisdizione, la nuova disciplina dei giudizi innanzi alla Corte dei conti, recata dal decreto legislativo n. 174 del 26 agosto 2016, ha sensibilmente innovato l’ordinamento contabile non solo in termini procedurali.
Tale normativa ha contribuito a rendere più funzionale la giurisdizione della Corte nel quadro dell’azione complessiva della Magistratura contabile, accentuandone gli elementi di effettività e di deterrenza, una volta superata, a seguito delle riforme degli anni Novanta, la concezione strettamente risarcitoria dell’istituto della responsabilità amministrativa.
Tra le disposizioni in tal senso di rilievo, si richiamano:
-    quella per la quale, salve le fattispecie “tipizzate” dal legislatore, le attività investigative delle Procure regionali devono fondarsi su notizie specifiche e concrete di danno; in proposito l'articolo 51 del Codice di giustizia contabile, approdo di un percorso prima giurisprudenziale e poi normativo, è oggi categorico: la funzione giurisdizionale della Corte dei conti non deve essere confusa con la funzione di controllo;
-    l’articolo 52, dettagliatamente disciplinante, oltre l’obbligo di denuncia dei fatti dannosi (posto a carico di una pluralità di soggetti espressamente indicati nel medesimo), un particolare onere di segnalazione: “I magistrati della Corte dei conti assegnati alle sezioni e agli uffici di controllo segnalano alle competenti procure regionali i fatti dai quali possano derivare responsabilità erariali che emergano nell'esercizio delle loro funzioni.” (articolo 52, comma 4).
Nell’anno 2016 i tempi erano dunque divenuti maturi per l’affermazione della prevalenza dell’interesse erariale, determinante il dovere giuridico dei Magistrati delle Sezioni di controllo, di segnalare fatti potenzialmente forieri di responsabilità erariali alle Procure regionali.
Ulteriore disposizione del Codice, ponente un peculiare collegamento tra la funzione di controllo e l’esercizio dell’azione di responsabilità amministrativa è l’articolo 69, comma 2, del Codice, come modificato dall'articolo 31 comma 1, lett. b) del decreto legislativo n. 114 del 7 ottobre 2019: “Il pubblico ministero dispone altresì l'archiviazione per assenza di colpa grave ove valuti che l'azione amministrativa si sia conformata al parere reso dalla Corte dei conti in via consultiva, in sede di controllo e in favore degli enti locali nel rispetto dei presupposti generali per il rilascio dei medesimi.” [disposizione ribadita legge 23 dicembre 2021, n. 238 (Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2019-2020), all’articolo articolo 46 (Sviluppo della funzione consultiva)]
Ampia si configura la valutazione dalla norma rimessa al P.M. contabile, considerati gli stretti ambiti di ammissibilità oggettiva dei pareri delle Sezioni di controllo, le cui richieste, sulla base degli approdi della giurisprudenza relativa, dovendo formularsi: “in termini generali e astratti per non incidere sulle funzioni giurisdizionali della Corte dei conti né di altri plessi giudiziari” (rif., tra le altre, Sezione controllo Marche, deliberazione n. 77/2013/PAR).

6.    – Gli ulteriori profili evolutivi delle attribuzioni della Corte dei conti, di controllo e giurisdizionali, introdotti dalle disposizioni di contrasto alle emergenze derivanti dalla pandemia da Covid-19
Negli ultimi due anni, il quadro normativo concernente le funzioni della Corte si è ulteriormente arricchito con ricadute importanti sulle funzioni di controllo e requirente, a causa di più disposizioni, contenute nei provvedimenti di contrasto degli effetti della pandemia, determinanti, da un lato, il fondamentale rilancio dei controlli gestionali della Corte dei conti e, dall’altro, una marcata riduzione dell’area
della giurisdizione di responsabilità amministrativa (cfr. infra).
Va fondamentalmente al riguardo richiamato il decreto-legge 16 luglio 2020,
n. 76 (Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale), convertito con modificazioni nella legge 11 settembre 2020, n. 120, incidente su entrambe le funzioni della Corte.
Le disposizioni concernenti il controllo consistono:
- nell’articolo 7 (controllo, audit, anticorruzione e trasparenza), prevedente al comma 7:
"7. La Corte dei conti esercita il controllo sulla gestione di cui all'articolo 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994 n. 20, svolgendo in particolare valutazioni di economicità', efficienza ed efficacia circa l'acquisizione e l'impiego delle risorse finanziarie provenienti dai fondi di cui al PNRR. Tale controllo si informa a criteri di cooperazione e di coordinamento con la Corte dei conti europea, secondo quanto previsto dall'articolo 287, paragrafo 3 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. La Corte dei conti riferisce, almeno semestralmente, al Parlamento sullo stato di attuazione del PNRR, in deroga a quanto previsto dall'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20."
- nell’articolo 22 (Controllo concomitante della Corte dei conti per accelerare gli interventi di sostegno e di rilancio dell'economia nazionale), stabilente:
"1. La Corte dei conti, anche a richiesta del Governo o delle competenti Commissioni parlamentari, svolge il controllo concomitante di cui all'articolo 11, comma 2, della legge 4 marzo 2009, n. 15, sui principali piani, programmi e progetti relativi agli interventi di sostegno e di rilancio dell'economia nazionale. L'eventuale accertamento di gravi irregolarità' gestionali, ovvero di rilevanti e ingiustificati ritardi nell'erogazione di contributi secondo le vigenti procedure amministrative e contabili, è immediatamente trasmesso all'amministrazione competente ai fini della responsabilità' dirigenziale ai sensi e per gli effetti dell'articolo 21, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
2. Il Consiglio di presidenza della Corte dei conti, nell'esercizio della potestà regolamentare autonoma di cui alla vigente normativa, provvede all'individuazione degli uffici competenti e adotta le misure organizzative necessarie per l'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e nell'ambito della vigente dotazione organica del personale amministrativo e della magistratura contabile."

Il Consiglio di Presidenza della Corte dei conti, con la deliberazione n. 272 del 10 novembre 2021, istituiva la Sezione di controllo concomitante in seno alla Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato.
Proposizioni significative della deliberazione n. 272 del 2021, precit., si ritengono anche le seguenti contenute nel relativo articolo 2:
 
-    il comma 3: “Qualora nell’attività di controllo siano accertate gravi irregolarità gestionali o rilevanti ed ingiustificati ritardi o ulteriori circostanze previste dall’art. 11, comma 2, della legge 4 marzo 2009, n. 15, il Collegio o la Sezione competente ne individua le cause, in contraddittorio con l’amministrazione. L'eventuale accertamento di gravi irregolarità gestionali, ovvero di rilevanti e ingiustificati ritardi nell'erogazione di contributi, secondo le vigenti procedure amministrative e contabili, è immediatamente segnalato all'amministrazione competente ai fini della responsabilità dirigenziale, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 21, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in base a quanto disposto dall’art. 22, comma 1, secondo capoverso, del decreto- legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120.”;
-    il comma 4: “Nelle ipotesi in cui le gravi irregolarità gestionali di cui al comma precedente abbiano determinato anche una lesione degli interessi finanziari nazionali o eurounitari, deve essere indirizzata idonea segnalazione alla Procura generale che nell’esercizio delle proprie funzioni di coordinamento provvederà al successivo inoltro alle Procure regionali territorialmente competenti.”.
È appena il caso di evidenziare che, rispetto alla disposizione di riferimento – l’articolo 52 del Codice di giustizia contabile - il predetto comma 4:
-    sottolinea il carattere di “idoneità” che deve possedere la segnalazione dei fatti dannosi (anche in prospettiva eurounitaria) della Sezione di controllo concomitante, precisando così un importante aspetto funzionale di raccordo tra le risultanze dei controlli gestionali e la loro utilizzabilità ai fini dello svolgimento dell’azione requirente, del tutto rilevante, in considerazione dei requisiti di specificità e concretezza delle notizie di danno necessari per determinare l’apertura dei fascicoli istruttori e, quindi, l’attivazione dei poteri d’indagine del P.M. contabile;
-    dispone che la segnalazione sia indirizzata in prima battuta alla Procura generale, per il successivo inoltro alla Procura regionale competente; ciò, in positivo riscontro dell’intervenuto potenziamento dell’azione di coordinamento della Procura generale, a seguito della compressione dell’istituto della responsabilità amministrativa (cfr., sul punto, infra).

Sul piano della copertura operativa dei “nuovi” controlli gestionali, il Programma delle Sezioni riunite per l’anno 2022 ha significativamente fornito le seguenti indicazioni alle Sezioni regionali di controllo:
“I nuovi controlli, concomitante e sulla gestione delle ingenti risorse del PNRR, richiederanno grande impegno e tantissime energie. Non è possibile pensare che gli stessi possano sic et simpliciter sommarsi ai diversi, per configurazione e finalità perseguite, e già assorbenti pregressi controlli finanziari, che negli anni passati hanno impegnato le Sezioni regionali in modo pressoché totalizzante non consentendo una diffusione del modulo di controllo sulla gestione ex lege n. 20/94.
 
Per liberare spazi di attività presso le Sezioni regionali di controllo dovranno essere necessariamente razionalizzati i controlli finanziari. È questo un punto essenziale per poter assolvere efficacemente al nuovo ruolo che la legge assegna alla Corte dei conti.”.
Ecco dunque che, sul fronte dei controlli, con il decreto-legge n. 76 del 2020 si è determinato un fondamentale mutamento di orientamento, con la riattribuzione di un ruolo centrale alle verifiche gestionali tuttavia in una prospettiva che, se da un lato permane “collaborativa” (come sostanziato dalla comunicazione degli esiti del controllo agli Organi di indirizzo delle Amministrazioni e degli Enti), dall’altra, si è sbilanciata tangibilmente sul versante del contrasto dei fenomeni di deviazione dell’azione amministrativa rispetto ai fini programmati; come denotato dalla prevista attivazione dell’istituto della responsabilità dirigenziale.
Fermo, in ogni caso, il collegamento tra le funzioni sancito dal comma 4, dell’articolo 52 del Codice di giustizia contabile, nei termini rimodulati dal Consiglio di presidenza con specifico riferimento alle evidenze dei controlli gestionali “concomitanti”.

Il decreto-legge n. 76 del 2020, come sopra anticipato, ha altresì pesantemente inciso sulla funzione giurisdizionale, con l’articolo 21 (Responsabilità erariale) a mente del quale:
"1. All'articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, dopo il primo periodo è inserito il seguente: "La prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell'evento dannoso.".
2. Limitatamente ai fatti commessi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al ((30 giugno 2023)), la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l'azione di responsabilità di cui all'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta. La limitazione di responsabilità prevista dal primo periodo non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente.
I due commi introdurrebbero la cosiddetta doppia prova dell’elemento soggettivo, quella della volontarietà della condotta illecita e della intenzionalità dell’evento dannoso che, ove così intesi, drasticamente eliminerebbero dall’Ordinamento più fattispecie di responsabilità amministrativa (n.d.r.: allo stato transitoriamente, dal 17/07/2020 al 30/06/2023).
La seconda parte del comma 2, si segnala, porrebbe a sua volta delicate problematiche interpretative, poiché potenzialmente in grado di estendere ovvero di restringere la portata di quanto stabilito nelle righe precedenti.
Premesso il giudizio fortemente negativo espresso non solo dalla Corte dei conti, nei confronti di detto articolo 21, deve rilevarsi che la proposizione normativa, pur comportando una marcata contrazione dell’area della responsabilità amministrativa, non sembrerebbe determinare alcuna limitazione in ordine ai poteri di indagine dei PP.MM. erariali, vanificandone invece gli effetti sul fronte giurisdizionale “interno” (https://www.corteconti.it/Download?id=69ba16c0-2470-45c2- 8aa9-28445d62778c).
Tale aspetto denoterebbe l’intrinseca contraddizione dell’articolo 21, per
espressa volontà legislativa avente lo scopo di sterilizzare la c.d. “paura della firma”.
Due sono le prospettive che si schiuderebbero al riguardo, potendo (rectius: dovendo) le Procure regionali:
-    trasmettere alle Amministrazioni danneggiate i provvedimenti di archiviazione “per difetto di dolo”, ai fini dell’attivazione dei giudizi ordinari di risarcimento danni, come fondamentalmente indicato nella recentissima sentenza n. 203 del 2022 della Corte costituzionale, a mente della quale: “sul piano della tendenziale integrità del risarcimento del danno erariale, ove questa non risulti assicurabile dall’azione del Pubblico Ministero contabile, residualmente rimane l’azione risarcitoria ordinaria della P.A. danneggiata”;
-    segnalare alle Sezione di controllo le fattispecie gestionali di rilievo meritevoli di considerazione - come indicato in un recentissimo indirizzo di coordinamento diretto ai Procuratori regionali, dell’attuale Procuratore generale - per l’eventuale, successiva, attivazione dei procedimenti di responsabilità dirigenziale (cfr. supra).

7.    – Considerazioni conclusive sul tema “la funzione di controllo della Corte dei conti e l’attività requirente del pubblico ministero contabile nella più recente evoluzione normativa”
La conclusione alla quale pervenire al termine di questa relazione credo possa essere una sola: la Corte dei conti, in tutte le sue articolazioni, è consapevole del ruolo che le è assegnato, tanto più nell’attuale difficile contesto e del probabile ancor più problematico futuro. Le risposte a cui è tenuta potranno essere quanto più adeguate, sulla sinergica azione di tutte le componenti dell’Istituto nello svolgimento delle funzioni attribuite: quelle del controllo e della giurisdizione di responsabilità amministrativa, ma anche quelle della giurisdizione sui conti giudiziali e nella materia pensionistica, delle quali tratteranno tra poco autorevolissimi relatori.
Tale consapevolezza mi è stata trasmessa in tanti anni di servizio dai Colleghi di grande competenza, preparazione e intelligenza con cui ho avuto la fortuna e l’onore di poter collaborare e tra questi - alcuni oggi qui ai quali rivolgo, per questo, il ringraziamento più affettuoso, altri che saluto da remoto – da chi, per passione, rigore e umanità ha rappresentato per me l’esempio più importante: il Presidente Luigi Di Murro.



LA RIFORMA DEL PROCESSO PENSIONISTICO ED IL CONFLITTO TRA LA LEGISLAZIONE E LA TUTELA DEL PENSIONATO
Avv. Gesi Dignani


La Corte dei conti giudica in materia di pensioni pubbliche, ovvero a totale o parziale carico del bilancio dello Stato o degli Enti Pubblici.
Come spesso ci ha ricordato il Prof. Di Murro la giurisdizione deve essere a servizio dei cittadini e la tematica delle pensioni è, indubbiamente, sentita dalla collettività: si pensi, infatti, che quasi la metà delle famiglie italiane, deve la propria stabilità economica all’apporto delle pensioni delle generazioni precedenti.
L’entrata in vigore delle disposizioni in materia di processo pensionistico contenute nella parte IV del Codice di giustizia contabile (artt. 151-171) ha determinato l’abrogazione della normativa previgente e quindi il Regolamento di procedura dei giudizi avanti la Corte dei conti (Regio Decreto 1038/1933), gli artt. da 67 a 97 del Regio Decreto n. 1214/1934 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti), gli art. 5 (giudizi di responsabilità) e 6 (giudizi in materia pensionistica) del d.l. 453/1993 convertito in Legge n. 19/94, l’art. 5 della Legge n. 205/2000 che prevedeva l’applicazione nel giudizio dinnanzi alla Corte dei conti delle norme del codice di procedura civile riferite al procedimenti dinanzi al Giudice del lavoro del Tribunale ordinario (gli articoli 420, 421, 429, 430 e 431 del codice di procedura civile).
Da anni si auspicava un regolamento di procedura.
Voglio ricordare che il Prof. Di Murro, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2016 presso la Corte dei conti dell’Emilia Romagna della quale era Presidente, nella propria relazione, riprendendo quanto già aveva evidenziato in occasione dell’inaugurazione dei precedenti anni giudiziari, affermava l’importanza di “continuare ad insistere sulla non più procrastinabile necessità dell’adozione di un regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti che tenga nel debito conto la specificità di quelli che si celebrano sia in primo grado presso le Sedi regionali sia in grado di appello, non potendosi ignorare che l’attuale ordinamento è la risultante di una stratificazione di norme succedutesi nel tempo senza un’adeguata ponderazione delle conseguenze derivanti dall’introduzione nel nostro giudizio di disposizioni dettate dal legislatore per altre tipologie di giudizi.”.
L’attuale Codice ha inteso razionalizzare, mediante la semplificazione delle varie fasi del processo, l’insieme delle molteplici e disorganiche disposizioni prima vigenti, al fine di rendere il processo pensionistico conforme ai principi processuali sanciti nella Costituzione, in particolare in attuazione la principio del giusto processo (art. 111 Cost.), nonchè ai principi elaborate in via giurisprudenziale.
SOMMARIAMENTE
L’art. 151 prevede che in materia di ricorsi pensionistici civili, militari e di guerra la sezione giurisdizionale regionale competente per territorio, in primo grado, giudica in composizione monocratica (a seguito del d.lgs. 114/2019 è stata eliminate la definizione di “giudice unico”).
Il giudizio si introduce con ricorso che può essere proposto anche senza patrocinio legale, ma il ricorrente – senza avvocato - non può svolgere oralmente, in udienza, le proprie difese.
Al riguardo occorre evidenziare che una domanda erroneamente posta dinanzi al Giudice delle pensioni non necessariamente verrà rigettata poichè il Giudice entra nel merito della questione analizzando non il provvedimento impugnato, bensì il rapporto pensionistico, che costituisce l’oggetto del giudizio dinanzi alla Corte dei conti.
Risolta la questione procedurale con l’emanazione del Codice di Giustizia Contabile, rimane sempre aperta la tematica riferita alla complicatissima legislazione in materia pensionistica, il richiamo, da parte dell’INPS, a circolari e messaggi di dubbia valenza giuridica, rendono la difesa del pensionato particolarmente complessa.
 
Note sono le molteplici, rilevanti, vicende giudiziarie che hanno coinvolto la categoria dei pensionati.
Si pensi ai ricorsi presentati contro la normativa riferita al meccanismo di perequazione delle pensioni per sollevarne la incostituzionalità,   ricorsi rigettati sia dalla Corte Costituzionale che dalla Corte di Strasburgo con la motivazione secondo cui il meccanismo di perequazioni delle pensioni è stato introdotto per proteggere l’interesse generale, in particolare per garantire la tenuta del sistema sociale per le generazioni future.
Tale pronuncia ci fa comprendere che il sistema pensionistico ha larghe ripercussioni sui bilanci pubblici e deve, da un lato, garantire la sostenibilità finanziaria e, dall’altro, fornire al cittadino un reddito adeguato durante la pensione: il rischio è che l’equilibrio tra le due esigenze venga meno a discapito dei pensionati e, non si dimentichi, come già ho detto, che la pensione è un importante apporto economico per le famiglie, ma è anche l’emolumento reddituale più facilmente aggredibile: si pensi alla espropriazione forzata presso terzi.
Indubbia si configura la difficoltà di difendere giudizialmente il pensionato in questa materia, caratterizzata da orientamenti giuridici non uniformi dei giudici delle sezioni regionali e delle sezioni di appello, determinati da discipline legislative poco chiare che spesso sono oggetto di giudizi di legittimità costituzionale.
La Corte Costituzionale si è pronunciata con la sentenza n. 162/2022 su una questione di legittimità sollevata dalla Corte dei conti Lazio, riguardante il cumulo della pensione di reversibilità con i redditi aggiuntivi: nella fattispecie, la titolare di una pensione di reversibilità, che per due annualità aveva beneficiato di propri redditi aggiuntivi, si era vista decurtare il trattamento pensionistico di una somma superiore all’importo di questi redditi.
La Corte, in accoglimento, ha precisato che in presenza di altri redditi, la pensione di reversibilità può essere decurtata solo fino a concorrenza dei redditi stessi e non di una somma superiore all’importo di questi.
Ciò in adesione alla finalità solidaristica sottesa all’istituto della reversibilità, volta a valorizzare il legame familiare che univa, in vita, il titolare della pensione con chi, alla sua morte, ha beneficiato del trattamento di reversibilità.
Quel legame familiare che, invece di favorire il superstite, andrebbe paradossalmente a nuocergli privandolo di una somma che travalica i propri redditi personali.
Concludo segnalando un’altra interessante sentenza, la n. 100/2022, con la quale la Corte Costituzionale ha, addirittura, richiesto un intervento legislativo in materia pensionistica, in tema di pensione indiretta, riguardo ai figli nati nel matrimonio e fuori del matrimonio, alla luce delle novità in diritto di famiglia.
Come è noto la legge 219/2012 ha eliminato definitivamente ogni residua differenza tra figli naturali (nati fuori dal matrimonio) e figli legittimi (nati da coppie coniugate) attribuendo ad entrambi gli stessi diritti, aderendo al principio che ogni figlio abbia pari diritti a prescindere da fatto che siano stati concepiti all’interno di un matrimonio oppure nell’ambito di una semplice convivenza.
Tale concetto non risulta recepito dalla legislazione pensionistica.
La Corte dei conti sezione giurisdizionale per il Lazio, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 22, secondo comma, della L. 903/1965, nella parte in cui in favore del figlio minorenne che sia nato da due persone non unite da vincolo coniugale e che perde un genitore prevede l’attribuzione di una quota della pensione privilegiata indiretta NON pari al 70% come quella spettante al minore che abbia perduto entrambi i genitori bensì pari al 20% identica a quella del figlio nato in costanza di matrimonio, che però concorre per la pensione insieme all’altro genitore superstite che gode di una quota del 60% poichè coniugato con il genitore deceduto.
I Giudici della Corte Costituzionale hanno ritenuto di non poter rideterminare in modo diretto ed autonomo le quote, posto che ciò integrerebbe un intervento manipolativo e, come tale, invasivo dell’ambito di discrezionalità riservata al legislatore.
Pertanto, dichiarando inammissibile la questione di legittimità costituzionale, hanno segnalato la necessità di un tempestivo intervento del legislatore, volto a disciplinare l’istituto della reversibilità nel rispetto del principio del vincolo di solidarietà familiare senza che rilevino le condizioni soggettive del figlio, ossia il fatto che egli possa contare, o meno, sull’altro genitore ancora in vita o su qualsiasi altra provvidenza.


LA CORTE DEI CONTI DAGLI INIZI DEGLI ANNI ‘80 ALLA PRIMA ATTUAZIONE DEL CODICE DI GIUSTIZIA CONTABILE NELL’ESPERIENZA CONCRETA DI UN MAGISTRATO CONTABILE

PROF.  CLAUDIO GALTIERI (già Procuratore generale della Corte dei conti)

(TRACCIA DI UN INTERVENTO)

-    La seconda metà degli anni ’70: la giurisdizione “domestica”; il regolamento Cataldi; il decentramento amministrativo: la pubblica istruzione; il controllo sugli atti delle Università;        la    “crescita”    delle    delegazioni    regionali,    il    carattere    fortemente gerarchizzato e il rapporto informativo dei magistrati; la composizione della Sezione del controllo; il controllo senza eccesso di potere; il controllo sui decreti legge; i profili di    reato        e    la    verticalizzazione della        segnalazione;        la    prevalenza della giurisdizione pensionistica su quella “limitata” di responsabilità; l’affermazione del danno ambientale; il controllo della Delegazione di Ancona;        Luigi di Murro funzionario della Ragioneria regionale dello Stato, insieme alla collega Angela Borrelli, diventa referente dell’Ufficio con i magistrati della Corte dei conti Ignazio Del Castillo e Claudio Galtieri
-    La prima metà degli anni ’80 - Luigi Di Murro entra nella magistratura contabile; la crescita della giurisdizione di responsabilità: danno all’economia, danno per scelte urbanistiche; la Corte dei conti avvia il controllo sulla gestione senza copertura normativa: l’esperienza FS
-    La seconda metà degli anni ’80: la legge 349/1986 e il danno ambientale; nel 1986 le Ferrovie dello Stato diventano Ente pubblico economico e la parabola successiva; la legge 117 del 1988 (cd legge Vassalli): abolizione della giurisdizione domestica e del rapporto informativo, l’istituzione del Consiglio di Presidenza; i tentativi di affermare la giurisdizione sui conti consuntivi degli Enti locali e l’esame dei conti
-    Gli inizi degli anni ’90: la legge 142/1990: estensione della giurisdizione ai dipendenti degli Enti locali e limite a quella sui conti degli enti locali; i 5 DL del 1993 e la riforma delle leggi 19 e 20 del 1994: la regionalizzazione della Corte dei conti; la “nuova responsabilità” e il “nuovo controllo”; il nuovo termine della prescrizione e l’intrasmissibilità agli eredi; l’estensione della nozione del “rapporto di servizio”; l’affermazione del “danno morale” e del “danno da tangente”; le “aree di esenzione di responsabilità e le sanatorie legislative”; il convegno del 1995 sul regolamento di procedura; Luigi Di Murro inizia l’attività giurisdizionale
-    La seconda metà degli anni ’90: il DL 543/1996 di “riforma della riforma” sulla responsabilità: l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali; l’ANAS diventa Ente pubblico economico; la trasformazione degli Enti teatrali e sinfonici in Fondazioni; la “bicamerale” e il rischio di “scomparsa” della Corte dei conti; l’artificiosa separazione tra controllo e giurisdizione a fronte dell’esigenza di un raccordo tra controllo e Procura; la prima prospettazione di indagini congiunte tra PM contabile e PM penale; i riflessi di tangentopoli; Garri Procuratore generale: i “filoni” d’indagine, il tentativo di nuove modalità operative tra Procure penali e Procure contabili e il protocollo d’intesa tra Procura generale e Procure regionali; il Convegno mondiale di Lima del 1997 sull’anticorruzione; nel 1998 l’amministrazione postale è trasformata in Ente pubblico economico; la sentenza della Corte di cassazione sulla “madre di tutte le tangenti”; nel 1999 viene costituita l’AVLP e Luigi Di Murro fonda l’Accademia Marchigiana.
 
-    Gli inizi degli anni 2000: nel 2003 nascono gli Orientamenti di giurisprudenza: la Corte di cassazione e il “revirement” sulla giurisdizione della Corte dei conti sugli Enti pubblici economici; la “scoperta” della responsabilità delle società pubbliche, gli eccessi di entusiasmo e i limitati risultati; l’impegno della Corte dei conti nel contrasto alle frodi comunitarie e il programma Grotius; l’avvio del processo contabile telematico; l’esplosione delle consulenze, l’attività della Corte dei conti e le modifiche normative successive; i magistrati della Corte dei conti “entrano” in maniera sempre più consistente negli uffici governativi di staff: riflessi interni ed esterni
-    La seconda metà del primo decennio: Luigi Di Murro dal 2006 al 2008 è giudice d’appello poi rientra in Sezione giurisdizionale a Bologna e partecipa ai giudizi sui conti dei concessionari della riscossione promossi da Ignazio del Castillo, che costituiscono un unicum nell’esperienza dell’intera Corte dei conti; le indagini sui concessionari della riscossione e l’occasione persa della Corte dei conti; la crisi finanziaria degli Enti locali e il controllo sempre più intenso sul loro equilibrio finanziario; l’esclusione di responsabilità per la gestione di Alitalia; l’esplosione del fenomeno dei “derivati”; il DL 78/2009: la “riforma” del danno all’immagine, la “notizia specifica e concreta di danno erariale, la “miniriforma” della Corte dei conti e del controllo; dalle indagini sul sottopasso di Firenze al G8; la Corte di cassazione puntualizza la propria posizione sulla giurisdizione della Corte dei conti sugli Enti pubblici economici
-    Dal 2011 al 2015: Luigi Di Murro torna a Bologna da Presidente della Sezione giurisdizionale; nel 2012 i 150 anni della Corte dei conti: uno sguardo indietro per un rilancio dell’Istituto ?; gli studi interni alla Corte dei conti per una riforma della sua posizione e delle sue attività; e…a proposito di conti giudiziali in Lombardia: la disponibilità della Regione per le ASL e le AO e il “niet” delle Università
-    Il 2016: il 1° luglio Luigi Di Murro è collocato in quiescenza e dopo poche settimane le SSRR esprimono il parere sulla bozza del Codice di giustizia contabile che viene pubblicato dopo poco; il controllo sull’attività del Commissario straordinario al terremoto; il DLgs 50/2016 e il controllo sui contratti “segretati”; la riforma Madia e le società partecipate
-    Dal 2017 in poi è storia quotidiana: la déclaration di Parigi e l’INTOSAI P50 approvato nel 2019; il Memorandum tra magistrature; il correttivo al Codice di giustizia contabile, il DL 76/2020 e le modifiche “temporanee” e a regime della responsabilità; il DL 77/2021 e la proroga delle modifiche “temporanee”; le nuove strutture della Corte dei conti e il controllo sull’attuazione del PNRR etc. et.




UDIENZA DA REMOTO NELLE CAUSE TRIBUTARIE. OPPORTUNITÀ DA PERSEGUIRE. LIMITI PRESENTI NELLA L.31.08.2022, N.130.
DOTT. SANDRO GIANNI


Premessa normativa.

1.    Normativa precedente: Art.16, comma4, decreto legge 23.10.2018, n.119, convertito con modificazioni dalla Legge 17.12.2018 n.136.
2.    Normativa attuale, introdotta dalla L. 31.08.2022, n.130, che ha innovato e regolamentato la possibilità di partecipazione all'udienza da remoto.
Udienza da remoto, ai sensi della L. n.130/2022, e limiti temporali.
3) Art.4, IV comma, L. n.130/2022, che riscrive il citato art.16, comma IV, d.l. n.119/2018, convertito con L. 17.12.2018 n.136.
   4) Conclusioni e prospettive.
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Premessa normativa:
1. Normativa precedente: Art.16, 4 comma, decreto legge 23.10.2018, n.119, convertito con modificazioni dalla Legge 17.12.2018 n.136.
La possibilità della trattazione delle udienze tributarie da remoto si rinviene, per la prima volta, come formulata nel contezioso tributario, nell’art.16, 4° comma, decreto legge 23.10.2018, n.119, convertito con modificazioni dalla Legge 17.12.2018 n.136.  
Infatti, la norma qui richiamata, espressamente, recita: “…4 La partecipazione delle parti all'udienza pubblica di cui all'articolo 34 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, può avvenire a distanza, su apposita richiesta formulata da almeno una delle parti nel ricorso o nel primo atto difensivo, mediante un collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza e il luogo del domicilio indicato dal contribuente, dal difensore, dall'ufficio impositore o dai soggetti della riscossione con modalità tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto viene detto. Il luogo dove la parte processuale si collega in audiovisione è equiparato all'aula di udienza. Con uno o più provvedimenti del direttore generale delle finanze, sentito il Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria e l'Agenzia per l'Italia Digitale, sono individuate le regole tecnico-operative per consentire la partecipazione all'udienza a distanza, la conservazione della visione delle relative immagini, e le Commissioni tributarie presso le quali attivare l'udienza pubblica a distanza. Almeno un'udienza per ogni mese e per ogni sezione è riservata alla trattazione di controversie per le quali è stato richiesto il collegamento audiovisivo a distanza”.
Inoltre il comma 5, dispone che: “…. 5. Le disposizioni di cui alla lettera a), numeri 4) e 5), del comma 1 si applicano ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato a decorrere dal 1° luglio 2019 ( data di entrata in vigore per tutte le C.T.P. e C.T.R. dell’applicazione del processo tributario telematico).
In ogni caso, comunque, occorre qui pure valutare l’evoluzione legislativa, così intervenuta con la introduzione del Processo Tributario Telematico (da ora anche PTT) nonché verificare, attualmente, la situazione per la possibile trattazione delle udienze da remoto nel contenzioso tributario <> come derivante, però, da una normativa complessa e farraginosa, che si è accumulata nel tempo, a seguito di diversi interventi legislativi.
È necessario qui considerare, peraltro, l’accumulo dei diversi interventi legislativi, che si sono succeduti nel tempo, anche in considerazione della spinta decisiva, così rivolta ad utilizzare la via informatica, come operata, per necessità, dalla intervenuta pandemia, derivante dal COVID-19, che ne ha accelerato, certamente, la effettiva introduzione.  Ciò, in quanto è stata sempre più ammessa dalle diverse C.T.P. e C.T.R. la possibilità di seguire tale nuova strada, anche a seguito del d.l. 28.10.2020 n.137, poi convertito con L. 18.12.2020 n.176, attesa anche l’evoluzione, così intervenuta con l’avvento del sistema informatico del Processo Tributario Telematico (da ora anche PTT).
In particolare, si deve qui ricordare, in primo luogo, che, comunque, un qualsiasi procuratore e/o difensore di una delle parti in causa ben ha potuto richiedere e può continuare a richiedere, anche nella vigenza della L. n.130/2022 citata, sempre in attuazione dell'art.16, 4°comma,  d.l. 23.10.2018, n.119, convertito con modificazioni dalla Legge 17.12.2018 n.136, (pure modificato dall'art.135, comma 2, d.l. 19.05.2020, n.34, e dall’art.27, d.l. 28.10.2020 n.137, poi convertito con L. 1812.20208 n.176) che la discussione, così prevista in pubblica udienza, avvenga con collegamento da remoto.
Inoltre, occorre qui pure ricordare il disposto normativo apportato dall’art.16, comma 3, d.l. 30.12.2021 n.228 -Decreto-Legge convertito con modificazioni dalla L. 25 febbraio 2022, n. 15 (in G.U. 28/02/2022, n. 49, secondo cui:”3. Il termine di cui all'articolo 27, comma 1, primo  periodo,  del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, relativo allo svolgimento delle udienze da remoto nel processo tributario, è ulteriormente prorogato al 30 aprile 2022…”-
Evidentemente, nel periodo in cui si sono succedute nel tempo le diverse norme di legge, come appena sopra pure richiamate, le modalità ordinarie per la tenuta della udienza di trattazione e discussione delle cause tributarie da remoto – da ora anche semplicemente UaD-  sottostanno, però, ad alcuni limiti, qui di seguito posti in evidenza.
Infatti, l’art.16,4° comma, citato, che ancora si applica pure in presenza della nuova normativa, così’ introdotta dalla L. n.130/2022 citata, così recita: “….la partecipazione da remoto all’udienza, di cui all’art.34 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n.546, può essere richiesta dalle parti processuali nel ricorso o nel primo atto difensivo, ovvero con apposita istanza da depositare in segreteria e notificata alle parti costituite prima della comunicazione dell’avviso di cui all’art.31, comma 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n.546  … - e al capoverso è pure affermato che: “… I giudici sulla base dei criteri individuati dai Presidenti delle Commissioni tributarie individuano le controversie per le quali l’Ufficio di segreteria è autorizzato a comunicare alle parti lo svolgimento dell’Udienza a distanza …” (comma sostituito dall’art.135, comma 2, d.l. 19 maggio 2020 n.34, convertito con modificazioni dalla L.17 luglio 2020 n.77).
Vero è, però, che con la normativa ancora qui applicabile, occorre controllare, ovviamente, se la segreteria della C.T.P. e/o C.T.R., come pure facilmente verificabile dall’esame del relativo fascicolo telematico, abbia provveduto o meno a comunicare alle diverse parti in controversia (difensore del contribuente e/o dell’ente impositore) che la menzionata causa sarà trattata, in presenza, alla relativa udienza, così fissata, ovviamente ove non sia stata preventivamente formulata tale istanza, o al momento della  presentazione del ricorso, e/o, comunque, prima dell’invio della richiamata comunicazione nei tempi, come sopra individuati.
Inoltre, l’art.27, comma 2, d.l. 28/10/2020, n.137 successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, ed altre successive, peraltro, ha consentito, in piena pandemia, la trattazione delle cause tributarie, con la modalità da remoto, ma ha pure stabilito alcune modalità, qui pure da richiamare.  In ogni caso, comunque, si deve qui fare rilevare che l’attuazione della menzionata normativa non ha trovato uniforme applicazione nel nostro Paese.
Vero è, comunque, che la norma dell’art.27 citato, pur ammettendo tale modalità, cioè la trattazione delle cause tributarie da remoto, in realtà è rimasta, almeno in parte disattesa, perché è stata trascurata, di fatto, in quanto nelle diverse realtà, è stata privilegiata, in maggiore parte, sempre la via della trattazione delle cause tributarie in presenza.  
Inoltre, si deve qui tenere conto, altresì, del decreto direttoriale (Rif. MEF DF, prot. n.RR46 del dì 11 novembre 2020)  pubblicato in G.U., Serie Generale, 16 novembre 2020, n.285, ove sono state pure individuate le regole tecnico-operative per lo svolgimento e la partecipazione alle udienze pubbliche o camerali da remoto, in attuazione all’art.16, comma 4, d.l. 23 ottobre n.119, convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2018, n.136, come modificato dall’art.135, comma 2, d.l. 19 maggio 2020 n.34, e dall’art.27, d.l. 28 ottobre 2020 n.137 convertito con L.18 dicembre 2020, n.176.
2. Normativa attuale,introdotta dalla L. 31.08.2022, n.130, che ha innovato e regolamentato la possibilità di partecipazione all'udienza da remoto.
Infatti nella richiamata norma de qua, testualmente, si legge: “4. La partecipazione alle udienze di cui agli articoli 33 e 34 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, da parte dei contribuenti e dei loro difensori, degli enti impositori e dei soggetti della riscossione, dei giudici e del personale amministrativo delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, può avvenire mediante collegamento audiovisivo tale da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti nei diversi luoghi e di udire quanto viene detto. 1. Il luogo dove avviene il collegamento da remoto è equiparato all'aula di udienza. 2. La partecipazione alle udienze di cui all'articolo 34 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, secondo le modalità previste nel primo periodo del presente comma può essere richiesta dalle parti nel ricorso, nel primo atto difensivo o in apposita istanza da depositare in segreteria almeno venti giorni liberi prima della data di trattazione. 3. L'udienza si tiene a distanza se la richiesta è formulata da tutte le parti costituite nel processo, trovando altrimenti applicazione la disciplina dell'udienza da tenere presso la sede delle corti di giustizia tributaria contenuta nell'articolo 34 del decreto legislativo n. 546 del 1992. 4. Le udienze di cui all'articolo 34 del decreto legislativo n. 546 del 1992, tenute dalla corte di giustizia tributaria di primo grado in composizione monocratica, e quelle di cui agli articoli 47, comma 2, e 52, comma 3, del medesimo decreto legislativo n. 546 del 1992 si svolgono esclusivamente a distanza, fatta salva la possibilità per ciascuna delle parti di richiedere nel ricorso, nel primo atto difensivo o nell'appello, per comprovate ragioni, la partecipazione congiunta all'udienza del difensore, dell'ufficio e dei giudici presso la sede della corte di giustizia tributaria. 5. Il giudice decide sulla richiesta di cui al periodo precedente e ne dà comunicazione alle parti con l'avviso di trattazione dell'udienza. 6. In ogni caso in cui l'udienza si tenga a distanza è comunque consentita a ciascun giudice la partecipazione presso la sede della corte di giustizia tributaria. 7. Le regole tecnico-operative per consentire la partecipazione all'udienza a distanza sono disciplinate dal decreto del direttore generale delle finanze 11 novembre 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 16 novembre 2020 n. 285. 8. Il direttore generale delle finanze, d'intesa con il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria e sentiti il Garante per la protezione dei dati personali e l'Agenzia per l'Italia digitale, può in ogni momento modificare il suddetto decreto, anche tenuto conto dell'evoluzione tecnologica.
A tale riguardo, comunque, occorre pure considerare che, ad esempio, nella realtà locale l’attuale Presidente della Commissione Tributaria Regionale delle Marche, ha emesso un puntuale decreto (Cfr. decreto n.16 del 15.04.2022) attraverso il quale, pur in presenza della normativa sopra richiamata, ha regolamentato per l’utenza la stessa possibilità di richiedere la trattazione della causa tributaria, in modo diverso dalla presenza, ammettendo altra modalità, cioè la udienza a distanza, così come previsto appunto per la U.a.D (udienza a distanza) ovviamente determinando i relativi limiti temporali.
Infatti, nel richiamato decreto, testualmente, si legge:” … le parti, almeno 10 gg prima dell’udienza potranno formulare richiesta di partecipazione da remoto; la relativa autorizzazione potrà essere rilasciata dal Presidente del Collegio giudicante, limitatamente alle parti non residenti o domiciliate nella Provincia di Ancona, tenendo conto della distanza del luogo di provenienza, delle eventuali difficoltà di collegamento con mezzi di trasporto pubblici e privati, nonché di ogni altra circostanza  ostativa all’agevole accesso  alla sede della Commissione….”; - ed ancora prosegue nel senso che- “la relativa autorizzazione, peraltro ben può essere rilasciata dal Presidente del Collegio, previa valutazione, anche se richiesta dagli stessi  Giudici componenti il Collegio per la relativa udienza fissata,…”  anche se l’ultima autorizzazione è rimessa, comunque, al Presidente della C.T.R. delle Marche nel caso di specie.
    In ogni caso, comunque, risulta applicabile, al momento attuale, nonostante la possibilità di tale modalità, che ove non vengano rispettate quelle disposizioni, così previste anche dalle norme regolamentari interne, per la modalità della udienza a distanza, come appena sopra posto in evidenza, si deve privilegiare, quindi, lo svolgimento delle udienze con la “modalità in presenza”.
Pertanto tale è la situazione, così qui determinata dall’esame della normativa attuale, prima della emanazione della L. n.130/2022, che ha modificato anche tale modo di operare per la trattazione della UaD, anche se con i limiti, che verranno qui di seguito meglio individuati ed indicati.
     Evidentemente la citata norma, contenuta nella L. n.130/2022 (Cfr., art.4, IV comma, L. n.130/2022) in realtà riscrive e sostituisce, integralmente, il citato art.16, 4° comma, d.l. n.119/2018, convertito con L. 17.12.2018 n.136.
Vero è, comunque, che dal 16 settembre, data di entrata in vigore della citata legge di riforma del processo tributario, tra le novità con un immediato impatto vi sono le nuove regole sulla sospensiva.
Infatti, tali disposizioni trovano immediata applicazione in quanto la legge 130/2022 non prevede e/o specifica, nemmeno un differimento, come previsto per altre norme.
Certamente da ciò consegue che, in base a un’interpretazione letterale del testo di legge, dette disposizioni si possano applicare anche alle istanze già presentate per le quali non sia stata ancora fissata l'udienza cautelare.
In ogni caso, peraltro, sarà necessario verificare, in concreto, se alcune corti di giustizia tributaria possano riuscire o meno a rispettare le nuove regole.
La legge n.130/2022 citata prevede la fissazione dell'udienza al massimo entro 30 giorni dalla presentazione dell’istanza, mentre in passato si è fatto riferimento a 180 giorni e, comunque, a tale novità, si associa l'ulteriore riduzione da dieci a cinque giorni liberi del termine entro cui dare notizia alle parti della fissazione dell’udienza da parte della competente segreteria.   
Inoltre, occorre qui pure ricordare che viene escluso che il merito della causa possa essere deciso nell’udienza di sospensiva, e, viceversa, che la sospensiva possa essere assorbita dalla decisione di merito. Infatti, l’art.4, lettera f) L n.130/2002 ha modificato l’art.47 D.lgs. n.546/1992, così affermando: 1) al comma 2, dopo la parola <>sono inserite le seguenti:<>, la parola <> è sostituita dalla seguente:<>ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo:<>; 2) al comma 4, dopo le parole:<> sono inserite le seguenti: <>; 3) il comma 5 bis è abrogato>>>.
 La decisione sulla sospensiva, quindi, deve essere pronunciata nella stessa udienza di trattazione ed il dispositivo è immediatamente comunicato alle parti in udienza.
Evidentemente, da tutto ciò è certo improbabile che alcune commissioni tributarie che, per molti anni, non hanno fissato neppure apposite udienze per la sospensiva, cambiando ora anche la c.d. denominazione, siano in grado o meno di adempiere alla nuova stringente tempistica.
Pertanto, si tratta qui di comprendere quale possa essere la conseguenza della ritardata e/o omessa fissazione dell'udienza cautelare.
Inoltre, deve essere qui pure rammentato che, a seguito dell’orientamento giurisprudenziale di legittimità l’omessa pronunzia sulla richiesta di sospensiva non comporta la nullità della sentenza di merito, in quanto il presidente della commissione può decidere di differire la disamina dell’istanza cautelare all’udienza di merito (Cfr., in tale senso, e da ultimo, Cass. Civ., Sez. Tributaria, sentenza n.7960/2022, in Rivista De Jure, Ed. Informatiche Giuffrè).
In realtà, però, con la nuova norma che vieta, espressamente, l'unificazione delle trattazioni cautelare e di merito, dovrebbe considerarsi superata tale interpretazione. In ogni caso, comunque, resta da verificare l’attualità dell'ulteriore motivazione addotta in sede di legittimità (Cfr. Cass. Civ. sentenza n.20454/2019) secondo la quale, cessando gli effetti della sospensione con la pubblicazione della sentenza.  Ciò, nel senso che, non è ipotizzabile alcun pregiudizio per la mancata decisione sull'istanza cautelare che, seppure favorevole, sarebbe rimasta travolta dalla decisione di merito. È auspicabile, comunque, che le “nuove corti” accelerino la tempistica di queste udienze: dal momento che gli accertamenti sono subito esecutivi e l’estratto di ruolo non è più impugnabile, così sussistendo il rischio, in molti casi, ed in assenza di decisione sulla sospensiva, di potere cagionare seri danni agli interessati, rispetto a pretese infondate.  
3.    Udienza da remoto, ai sensi della L. n.130/2022, e limiti temporali.

In primo luogo occorre qui porre in evidenza che l’art.4, IV comma, L. n.130/2022, in buona sostanza, riscrive il citato art.16, 4° comma, d.l. n.119/2018, convertito con L. 17.12.2018 n.136.
Infatti, già al 3° capoverso della richiamata norma si legge: “… l'udienza si tiene a distanza se la richiesta è formulata da tutte le parti costituite nel processo, trovando altrimenti applicazione la disciplina dell'udienza da tenere presso la sede delle corti di giustizia tributaria contenuta nell'articolo 34 del decreto legislativo n. 546 del 1992”.
In ogni caso, comunque, proprio in forza della nuova disposizione normativa, contenuta nella L. n.130/2022 citata, si deve porre qui in evidenza che l’obbligo di trattazione delle cause tributarie da remoto è preso in considerazione, sia per le cause ex art,34, D.lgs. n.546/1992, con alcuni limiti, sia per quelle, di cui agli artt.47, comma 2 e 53, comma 3, nel senso che queste ultime si svolgono, esclusivamente, a distanza.
Vero è, però, che le udienze da remoto per la trattazione della sospensiva debbono svolgersi, obbligatoriamente a distanza, ma, ai sensi della stessa L. n.130/2022, ex art.4 bis, viene pure affermato che: “le disposizioni di cui al comma 4, si applicano ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato dal 01 settembre 2023”.
In buona sostanza, quindi, si deve qui affermare che la trattazione delle udienze da remoto, ai sensi di cui all’art.4, IV comma, L. n.130/2022, modifica ulteriormente, il relativo disposto normativo, come regolato dall’art.16,4° comma 4, più volte citato.
4-bis. Le disposizioni di cui al comma 4 si applicano ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato dal 1° settembre 2023».
In realtà, quindi, l’applicazione della richiamata normativa, comunque, è subordinata, però, al fatto della decorrenza della notifica del ricorso e/o comunque del c.d. atto introduttivo del giudizio, così operata dalla richiamata legge, che è qui fissata: “a decorre dal dì 01.09.2023”.
Evidentemente, ciò dimostra, comunque, che il Legislatore non ha colto l’urgenza delle doverose modifiche del contenzioso tributario, anche sotto tale particolare profilo, perché forse tale indecisione è stata dettata dal volere ancora attendere un maggiore approfondimento, sulla valenza dello stesso PTT, e/o sulle evidenti lacune, che si possono riscontrare, allo stato, nel sistema informatico non ancora del tutto attuate e/o risolte.
4.    Conclusioni e prospettive.
In ogni caso, per le ragioni appena sopra esposte, deve essere qui posta in evidenza la volontà del Legislatore nel procrastinare ancora l’applicazione effettiva della nuova normativa, in quanto è stato fissato un tempo successivo (01.09.2023) per la piena attuazione, anche dopo la c.d. vacatio legis, restando ancora in vigore quanto già delineato in precedenza per lo svolgimento dell’udienza da remoto.
Ciò, comunque, anche se nel periodo precedente emergenziale, si deve qui ricordare che la UaD, ha avuto una base sperimentale ampia nell’applicazione e nel tempo, presso gli organi della giustizia tributaria, distribuiti territorialmente, proprio a seguito del noto periodo di pandemia nel nostro Paese, originato dal COVID-19, che peraltro, ha dato buona prova, comunque, in ordine all’attuazione di tale nuova ed opportuna modalità, anche se pure più volte criticata.
La decorrenza per l’applicazione della UAD viene fissata, quindi, in un tempo successivo alla stessa vacatio legis della relativa normativa, qui pure introdotta, così denotando, comunque, una mancanza di approfondimento e di più veloce coinvolgimento dei diversi soggetti, che partecipano a tale epocale cambiamento e novità processuale.
Ciò, peraltro, nonostante che l’intero contesto giuridico, pure introdotto a decorrere dal dì 01.07.2019 per l’intero comparto del contenzioso tributario, come operato dall’applicazione per tutto il Paese, che fa capo al PTT, qui ormai vigente, induce a ritenere, altresì, che la via informatica, anche se sempre auspicata, in realtà, non è stata ancora ben privilegiata fino in fondo, ed anzi è stata in parte ignorata,  o comunque non favorita, in diverse realtà, con particolare riferimento alla sola possibilità della  trattazione da remoto, così incoraggiando lo svolgimento della discussione delle cause tributarie, solo con modalità rigorosamente in presenza.
Evidentemente, tutto ciò è avvenuto a discapito della possibilità di poter svolgere le udienze da remoto, pure ipoteticamente possibili anche nel periodo emergenziale, e pure in tempo immediatamente successivo, anche se con alcune limitazioni, disciplinate, peraltro, da appositi decreti esplicativi, che, però, in molti casi sono mancati e/o comunque, non sono stati emessi.
Infatti, occorre qui ricordare, che anche nella vigenza della precedente normativa sulla U.a.D., la partecipazione da remoto all’udienza,  è stata richiesta ed ancora può essere richiesta dalle parti processuali in alternativa, già con la presentazione e deposito del ricorso e/o nel primo atto difensivo, ovvero con apposita istanza da depositare, presso la segreteria dell’organo giurisdizionale adito e notificata alle parti costituite prima della comunicazione, di cui all’avviso di trattazione, riferito alla causa tributaria (Cfr. art.31, comma I, D.Lgs. n.546/1992).  Evidentemente, tale modalità, cioè la udienza in presenza, comunque, ben può essere seguita, principalmente, solo in casi di particolare complessità e rilevanza, che dovranno essere valutati, su istanza delle parti in causa, peraltro, dal Presidente della stessa C.T.P. e C.T.R., nonché dallo stesso Presidente di Sezione e/o Vice Presidente del Collegio, cui la causa è pervenuta, mentre la regola sarà e dovrà essere quella della UaD, pure in ipotesi che detta modalità, in forza della nuova legge, riguardante la Giustizia Tributaria.
In ogni caso, sarà qui applicabile per l’udienza di sospensiva da remoto anche nel presente periodo (cioè prima della data del dì 01.09.2023) come in precedenza pure affermato, in forza dei decreti emessi dai Presidenti di C.TP. e/o C.T.R., come nel senso sopra delineato.
Inoltre, si pone qui in evidenza che, comunque, per le udienze ex art.34, D.lgs. n.546/1992, in base alla nuova legge (L. n.130/2022) sarà possibile la trattazione da remoto, in ipotesi in cui tutte le parti la richiedano, a decorrere dal dì 01.09.2022, qui ricordando, peraltro, che la UaD sarà obbligatoria, sempre da tale data, per la udienza di sospensiva.

 
LA PROVA TESTIMONIALE SCRITTA NEL GIUDIZIO TRIBUTARIO
AVV. ELISA MANONI


La Legge 31 agosto 2022, n. 130, recante “Disposizioni in materia di giustizia e processo tributario” ha sostituito il precedente comma 4 dell’articolo 7 del D.Lgs. n. 546/1992, il quale stabiliva il divieto di proposizione, da parte del contribuente, nell’ambito del giudizio tributario, del giuramento e della prova testimoniale.
Con riferimento alla prova testimoniale, la giurisprudenza nel corso degli anni, con un’operazione di “ortopedia giuridica”, ha cercato di porre rimedio a tale divieto ammettendo, a determinate condizioni, le dichiarazioni di terzi.
In particolare, la Suprema Corte ha statuito che “nel contenzioso tributario al contribuente, al pari che all'Amministrazione finanziaria, deve essere riconosciuta la possibilità d'introdurre nel giudizio innanzi alle commissioni tributarie dichiarazioni rese da terzi in sede extra processuale. Ciò in attuazione dei principi del giusto processo e della parità delle parti di cui all'articolo 111 Cost., e all'articolo 6 CEDU. Ad esse va riconosciuto valore probatorio, trovando collocazione tra gli elementi indiziari, che, come tali tuttavia devono essere valutati dal giudice nel contesto probatorio emergente dagli atti (Cass., 30/09/2011, n. 20028; 19/10/2015, n. 21153; 27/05/2020, n. 9903). A tal fine pertanto resta in capo al giudice tributario il "potere-dovere" di valutare l'attendibilità del contenuto delle dichiarazioni, nell'alveo della corretta applicazione del principio della libera valutazione delle prove, e dunque l'obbligo di confrontare le dichiarazioni acquisite, al fine di riscontrare la credibilità dei dichiaranti in base ad elementi soggettivi ed oggettivi, quali la loro qualità e vicinanza alle parti, così come la congruenza delle dichiarazioni alla luce di eventuali ulteriori elementi allegati al processo (cfr. Cass., 27/02/2020, n. 5340)” (sentenza n. 25804/2021).
Il principio di diritto posto dall’Ecc.ma Corte di Cassazione è chiaro: il divieto di prova testimoniale, vigente ante novella recata dalla Legge 31 agosto 2022, n. 130, si riferiva alla prova testimoniale da assumere con le garanzie del contraddittorio e non implicava, pertanto, l’impossibilità di utilizzare, ai fini della decisione, le dichiarazioni che gli organi dell’Amministrazione finanziaria sono autorizzati a richiedere anche ai privati nella fase amministrativa di accertamento che, proprio perché assunte in sede extraprocessuale, rilevano quali elementi indiziari che possono concorrere a formare, unitamente ad altri elementi, il convincimento del giudice.
Pertanto, secondo il diritto vivente le dichiarazioni dei terzi non possono mai tradursi in prove esclusive; esse potevano solo concorrere a formare il convincimento del giudice, ma non a giustificarlo senza ulteriori elementi.
In tale contesto si innesta l’intervento legislativo di riforma della giustizia e del processo tributario.
Il novellato comma 4 dell’articolo 7 del D.Lgs. n. 546/1992 ora prevede che “non è ammesso il giuramento. La corte di giustizia tributaria (nuova denominazione delle commissioni tributarie), ove lo ritenga necessario ai fini della decisione e anche senza l’accordo delle parti, può ammettere la prova testimoniale, assunta con le forme di cui all’articolo 257-bis del codice di procedura civile. Nei casi in cui la pretesa tributaria sia fondata su verbali o altri atti facenti fede fino a querela di falso, la prova è ammessa soltanto su circostanze di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale”.
Il nuovo comma 4 dell’articolo 7 del D.Lgs. n. 546/1992, applicabile ai giudizi introdotti con ricorsi notificati dopo l’entrata in vigore della Legge 31 agosto 2022, n. 130 (vale a dire a partire dal 16 settembre 2022), elimina dunque il divieto della prova testimoniale nel processo tributario.
Dalla lettura del dato normativo si ricava quanto segue:
a) la Corte di Giustizia Tributaria può ammettere la prova testimoniale sempreché la ritenga necessaria ai fini della decisione;
b) non è necessario che vi sia l’accordo delle parti;
c) l’unica forma di testimonianza ammessa è quella scritta;
d) la testimonianza non può riguardare fatti attestati in documenti aventi fede privilegiata.
Alcune osservazioni critiche si impongono.
a) La Corte di Giustizia Tributaria può ammettere la testimonianza scritta su richiesta di una sola parte, senza la previa approvazione della controparte.
Tale previsione non appare in linea con i principi che regolano il “giusto processo” e, quindi, con il principio del contraddittorio, avuta considerazione del fatto che la dichiarazione scritta viene resa al di fuori del processo e senza possibilità di un controesame del teste.
Sorge allora, legittimo un interrogativo: non sarebbe stata più rispettosa dei predetti principi la scelta di far assurgere la testimonianza orale a prova elettiva, così come accade nel processo civile?
Allo stato bisogna comprendere, nel silenzio del dato normativo, se la dialettica processuale possa essere recuperata attraverso la presentazione di memorie tramite le quali far valere, esemplificativamente ma non esaustivamente, (i) l’inammissibilità della prova testimoniale; (ii) l’inammissibilità dei capitoli di prova; (iii) richiedere la prova contraria.
b) La Corte di Giustizia Tributaria può ammettere il mezzo istruttorio in esame solo ove la ritenga necessaria ai fini della decisione anche, come visto, in assenza di accordo tra le parti.
Come condivisibilmente osservato da Autorevole Dottrina (Pistolesi), tale previsione appare in linea con quanto disposto dall’art. 58, comma 1 del D.Lgs. n. 546/1992 (rubricato “nuove prove in appello”), il quale dispone che il “giudice di appello non può disporre nuove prove, salvo che non le ritenga necessarie ai fini della decisione”, disposto normativo di cui si può mutuare l’interpretazione.
Si può, quindi, ritenere che il giudice possa avvalersi della prova testimoniale qualora sia l’unico strumento (poiché non surrogabile con altri mezzi istruttori) idoneo a dirimere l’incertezza su fatti decisivi. Così, la prova testimoniale, nel processo tributario, può dirsi “straordinaria” poiché ammissibile solo in mancanza di altri elementi istruttori.
La Corte di Giustizia Tributaria dovrà, quindi, ben motivare nell’ordinanza le ragioni per le quali ritenga la prova testimoniale “assolutamente necessaria ai fini della decisione”.
c) Il Legislatore ha indicato un limite preciso alla prova testimoniale scritta: nei casi in cui la pretesa tributaria sia fondata su verbali o altri atti facenti fede fino a querela di falso, la prova è ammessa soltanto su circostanze di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale.
Occorre prestare attenzione a siffatta previsione.
La Suprema Corte ha statuito che “in tema di accertamenti tributari, il processo verbale di constatazione non ha solo e comunque pubblica fede: esso assume un valore probatorio diverso a seconda della natura dei fatti da esso attestati, potendosi distinguere al riguardo un triplice livello di attendibilità: a) il verbale è assistito da fede privilegiata, ai sensi dell'articolo 2700 c.c., relativamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, nonché quanto alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni a lui rese; b) quanto alla veridicità sostanziale delle dichiarazioni a lui rese dalle parti o da terzi - e dunque anche del contenuto di documenti formati dalla stessa parte e/o da terzi - esso fa fede fino a prova contraria, che può essere fornita qualora la specifica indicazione delle fonti di conoscenza consenta al giudice ed alle parti l'eventuale controllo e valutazione del contenuto delle dichiarazioni; c) in mancanza della indicazione specifica dei soggetti le cui dichiarazioni vengono riportate nel verbale, esso costituisce comunque elemento di prova, che il giudice deve in ogni caso valutare, in concorso con gli altri elementi, potendo essere disatteso solo in caso di sua motivata intrinseca inattendibilità o di contrasto con altri elementi acquisiti nel giudizio, attesa la certezza, fino a querela di falso, che quei documenti sono comunque stati esaminati dall'agente verificatore” (ordinanza n. 3751/2022).
Coniugando la posizione della giurisprudenza con la voluntas legis di cui alla riforma, emerge come il contribuente possa richiedere la prova testimoniale in primis per provare fatti ulteriori rispetto a quelli contenuti nel processo verbale di constatazione o nell’atto impositivo (i cosiddetti “fatti impeditivi, modificativi o estintivi” della pretesa) ma pur sempre nei limiti della contestazione avanzata dal Fisco.
Questo ultimo, invece, può richiedere la prova testimoniale per ulteriormente comprovare quanto ricostruito nell’atto impositivo (in pratica, per “replicare” ai “fatti impeditivi, modificativi o estintivi della pretesa” addotti dal contribuente).
d) Circa le modalità di assunzione della prova in questione, il Legislatore rimanda espressamente alle previsioni di cui all’articolo 257-bis del codice di procedura civile.
In specie:
*      sarà possibile chiedere al testimone di rispondere per iscritto ad ognuno dei quesiti che gli sono stati posti, precisando “quali sono quelli cui non è in grado di rispondere” (terzo comma dell’art. 257 – bis, codice procedura civile);
*    la Corte di Giustizia Tributaria può richiedere alla parte che ha chiesto l’assunzione della prova che predisponga il modello di testimonianza e lo faccia notificare al testimone entro un termine la cui mancata osservanza comporterà la decadenza ex officio dal diritto di acquisire la prova;
*    il modello, sottoscritto in ogni suo foglio dalla parte che ne ha curato la compilazione, deve contenere, oltre all’indicazione del procedimento e dell’ordinanza di ammissione da parte della Corte di Giustizia procedente, idonei spazi per l’inserimento delle complete generalità del testimone, dell’indicazione della sua residenza, del suo domicilio e, ove possibile, di un suo recapito telefonico, ai sensi dell’art. 103 – bis del codice di procedura civile;
*    il modello deve contenere l’avvertenza che il testimone deve rendere risposte specifiche e pertinenti a ciascuna domanda precisando, altresì, se abbia avuto conoscenza dei fatti oggetto della testimonianza in modo diretto o indiretto;
*    al termine di ogni risposta è apposta, di seguito e senza lasciare spazi vuoti, la sottoscrizione da parte del testimone;
*    le sottoscrizioni devono essere autenticate da un segretario comunale o dal cancelliere di un ufficio giudiziario;
*    il modello dovrà, poi, essere spedito alla Corte di Giustizia in busta chiusa con plico raccomandato, oppure consegnato personalmente;
*    il testimone potrà astenersi se la testimonianza riguarda uno stretto parente;
*    in caso di inadempienza, il testimone può essere condannato al pagamento di una pena pecuniaria da euro 100 ad euro 1.000.
Avuta considerazione del rimando alle norme del codice di procedura civile, non sembrerebbero esserci ostacoli di sorta per predicare la reclamabilità sia dell’ordinanza che ammette la prova testimoniale, sia dell’ordinanza che non ammette tale prova.
* * * * *
Da quanto brevemente tratteggiato appare evidente che la prova testimoniale, per come è stata configurata nella disciplina di riforma, incontri limiti oggettivi che si frappongono alla relativa esplicazione. Ulteriore aspetto che si pone è quello del rapporto tra la prova testimoniale e le dichiarazioni dei terzi nel nuovo sistema processuale. Sulle soluzioni che saranno date alle diverse questioni, si misurerà pertanto il grado di attuazione dei principi del giusto processo e della parità delle parti, nel processo tributario.





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